ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI DI CITTADINANZA

Empoli

domenica 5 dicembre 2010

Roma, 14 dicembre. A Montecitorio noi ci saremo! PER LA SFIDUCIA SOCIALE AL GOVERNO, PER I DIRITTI DEI MIGRANTI

Il 14 dicembre a Roma il Governo Berlusconi chiederà al parlamento la fiducia.

Il protagonismo dei migranti, le mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici, degli studenti e delle studentesse, dei comitati territoriali che si ribellano allo sfruttamento del lavoro e rifiutano la precarizzazione della vita e la devastazione dell’ambiente sono il segno che può finalmente cambiare il clima sociale che ha sostenuto fino a oggi il governo Berlusconi.

Sappiamo che il razzismo istituzionale e il ricatto della legge Bossi-Fini non nascono con il governo Berlusconi e non scompariranno per incanto insieme a esso. I migranti però saranno a Roma il 14 dicembre, quando il governo chiederà la fiducia. I migranti porteranno con se' il patrimonio delle lotte che li hanno visti protagonisti: dalla battaglia della gru di Brescia, sulla torre di Milano, allo sciopero delle rotonde di Caserta, allo sciopero del primo marzo, alla manifestazione dei migranti dell'Emilia Romagna, ai cortei che hanno attraversato varie città e territori.
Ci saranno per affrancarsi dal ricatto della legge Bossi-Fini, per aprirsi una strada verso la regolarizzazione permanente, per avere giustizia per le truffe della sanatoria 2009, per mettere fine alla violenza della clandestinità, dei respingimenti, della detenzione nei Centri di Identificazione ed Espulsione.
Ci saranno per dire che la lotta dei migranti riguarda tutti: prima della crisi e dentro la crisi, il lavoro migrante parla della precarizzazione che investe il lavoro nel suo complesso. Il razzismo alimentato dalle istituzioni è un gioco a perdere per tutti i soggetti colpiti dal pesante e inaccettabile costo sociale della crisi.

Per questo, dopo la manifestazione contro la sanatoria truffa dell’11 dicembre a Brescia, la piazza che il 14 dicembre porterà alla Camera la sfiducia sociale al governo Berlusconi, sarà anche la piazza dei migranti in lotta. I migranti, che sono una parte essenziale di questo Paese, saranno stranieri rispetto a ogni governo che non ponga completamente fine al razzismo istituzionale. Saranno stranieri anche tra tutti quegli oppositori a questo governo che non assumono con continuità l’importanza delle loro lotte, che si dimenticano dei migranti appena pensano che ci siano altre e più pressanti “questioni politiche”.

Consapevoli della centralità della nostra condizione sociale e lavorativa, della nostra forza, nella giornata del 14 dicembre saremo a Roma insieme agli operai in lotta contro la deroga alla contrattazione collettiva, agli studenti che stanno dando vita alle mobilitazioni per bocciare il ddl Gelmini, alle comunità che resistono contro la trasformazione dei territori in discariche, ai cittadini aquilani che non smettono di lottare per la loro dignità.

Saremo a Roma con loro, uniti contro la crisi, il razzismo e lo sfruttamento. Saremo a Roma per noi e per loro perché nessuna persona è illegale.

Associazione Diritti per Tutti, Brescia
Associazione Todo Cambia Milano
Coordinamento migranti Casalmaggiore
Coordinamento migranti basso mantovano
Associazione Razzismo Stop, Padova
Tpo Bologna
Coordinamento migranti Bologna e Provincia
Città Migrante Reggio Emilia
Riminesi Globali contro il Razzismo
Migranti in Lotta La Spezia
Laboratorio Antirazzista e delle Resistenze Sociali La Spezia
Associazione Città Meticcia, Empoli

giovedì 11 novembre 2010

SIAMO TUTT@ SULLA GRU!

Esprimiamo tutta la nostra solidarietà e vicinanza ai migranti che da più di dieci giorni sono saliti sulla gru di Brescia per vedere riconosciuti la propria dignità e i propri diritti, e per denunciare la truffa che il governo e il ministero degli interni stanno attuando nei confronti di migliaia di cittadini migranti dell'intero Paese.
Intanto spieghiamo cosa è successo e cosa stanno denunciando queste persone: la questione, se non banale, è tanto semplice che perfino Minzolini riuscirebbe a dirlo, se solo lo volesse.
Nel settembre 2009 a Brescia come in tutta Italia migliaia di immigrati hanno fatto domanda di regolarizzazione attraverso la sanatoria colf e badanti, la prima e la sola che il governo abbia aperto da tantissimo tempo. Oggi, dopo più di un anno, delle 11.300 richieste di permesso di soggiorno presentate a Brescia oltre mille sono state respinte dalla questura, e altre 4 mila rischiano di fare la stessa fine.
Questo soprattutto perché molte fra le persone che hanno fatto la domanda di sanatoria, negli anni precedenti, pur non avendo commesso alcun reato, avevano subito una denuncia per clandestinità in seguito ad un normale controllo di polizia dal quale erano risultati privi di permesso di soggiorno.
Al momento della presentazione delle domande il ministero degli interni aveva comunicato che tale condanna non impediva di regolarizzarsi, e questo è logico visto che ovviamente si regolarizza chi è in uno stato di irregolarità. Ma poi, mesi dopo (marzo 2010), lo stesso ministero attraverso una direttiva del capo della polizia Manganelli ha ordinato a questure e prefetture di respingere le domande di chi aveva condanne anche solo per clandestinità.
Dunque la sanatoria serve per regolarizzare gli irregolari che ne hanno diritto, ma gli stessi se erano stati trovati precedentemente in condizione di irregolarità, non possono essere regolarizzati! Benvenuti in Italia 2010!
Oltre al danno qui si deve registrare anche il furto, presentare la domanda infatti è stato per i (200 mila) richiedenti molto costoso, almeno 500 euro ciascuno, con un introito per le casse dello stato di circa 100 milioni di euro. Il cambio delle regole è avvenuto a domande già presentate, quindi è evidente la truffa fatta dal governo ai danni delle categorie più deboli e non garantite, gli irregolari.
Come sempre autoritari con i deboli e anche un po’ cialtroni.
Il vice sindaco di Brescia più o meno ha detto così: lasciateli senza cibo alla fine vedrete che scenderanno. Disprezzo per le persone, per le loro vite per il loro dolore concreto e reale. Forse perché si pensa che il loro grado di appartenenza alla specie umana sia non adeguato, non consono, non sufficiente. Vite a perdere. Finché i migranti si utilizzano come forza lavoro, magari in nero, è conveniente. Poi quando chiedono il riconoscimento dei loro diritti diventano dei soggetti pericolosi da allontanare.
I sei migranti di Brescia chiedono di incontrare il ministro Maroni, chiedono che uno spazio del diritto si apra per loro. Che il ministro vada li, ascolti, si renda conto dei problemi, li risolva, per quanto è nelle sue mani. Chiedono troppo?
Noi chiediamo che le istituzioni e i poteri della Repubblica facciano il loro dovere e funzionino per risolvere i problemi secondo lo spirito della Costituzione invece di ridurre una vicenda come questa a un problema di ordine pubblico e mandare la polizia a sgombrare i presidi di solidarietà. Ci uniamo inoltre a chi chiede l'immediata rimozione del vicequestore di Brescia Emanuele Ricifari, responsabile delle cariche contro persone inermi e pacifiche (su youtube si può vederlo mentre ordina cariche contro persone assolutamente innocue).
Sabato 13 Novembre invitiamo a partecipare alla manifestazione che si terrà a Bologna dalle ore 14.30 in Piazza XX Settembre, contro il razzismo, per i diritti dei migranti, per i diritti di tutti noi.

Ass. Città Meticcia
Sinistra Ecologia e Libertà, Empoli
Comunità in Resistenza, Empoli
A.N.P.I. sezione di Empoli

Video in cui il vicequestore Emanuele Ricifari ordina le cariche: clicca qui

Appello manifestazione di Bologna:
clicca qui

martedì 14 settembre 2010

NE' ALLA LEGA NORD, NE' ALLA LEGA TOSCANA


Aderiamo alla manifestazione che si svolgerà Sabato 18 settembre a Ponte a Elsa per denunciare il razzismo delle politiche del governo, lega nord in testa. Da anni lavoriamo quotidianamente sul territorio per facilitare l'incontro fra culture diverse e difendere i diritti dei più deboli, migranti e non. Crediamo fermamente che la Lega Nord con questa terra, storicamente accogliente, aperta e solidale, non c'entri assolutamente niente.
Parteciperemo alla manifestazione e invitiamo tutti i cittadini e le cittadine di ogni origine a portare i loro corpi, le loro idee, i loro sogni di un mondo migliore sabato prossimo.
Ribadiremo con determinazione il nostro no all'ipotesi di un lager per migranti (CIE) in Toscana. Lager tanto caro al ministro Maroni, che entro il 2010 ne vorrebbe almeno uno in ogni regione.
Nei giorni scorsi siamo rimasti colpiti dalle parole pronunciate da Gino Strada (cittadino onorario di Empoli), all'incontro nazionale di Emergency a Firenze. Emergency, associazione di volontari che conoscono bene cosa succede nel mondo, cosa è la guerra: se sappiamo che nove vittime su dieci sono bambini e civili è solo grazie ad associazioni come questa, non certo grazie ai media main stream come dovrebbe essere in un paese civile. Ma Emergency è un'associazione molto attenta e lucida nell'analizzare anche cosa sta succedendo qui, oggi nel nostro Paese: questo secondo noi è importante.
Sottoscriviamo dunque in pieno il manifesto di Emergency "Il mondo che vogliamo", e facciamo nostre le sue splendide parole, una parte delle quali, vista la presenza della lega in città, riteniamo opportuno riportare.

"[...] Una gravissima deriva di barbarie è davanti ai nostri occhi.

In nome delle “alleanze internazionali”, la classe politica italiana ha scelto la guerra e l’aggressione di altri Paesi.

In nome della “libertà”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro i propri cittadini costruendo un sistema di privilegi, basato sull’esclusione e sulla discriminazione, un sistema di arrogante prevaricazione, di ordinaria corruzione.

In nome della “sicurezza”, la classe politica italiana ha scelto la guerra contro chi è venuto in Italia per sopravvivere, incitando all’odio e al razzismo.

È questa una democrazia? Solo perché include tecniche elettorali di rappresentatività? Basta che in un Paese si voti perché lo si possa definire “democratico”?

Noi consideriamo democratico un sistema politico che lavori per il bene comune privilegiando nel proprio agire i bisogni dei meno abbienti e dei gruppi sociali più deboli, per migliorarne le condizioni di vita, perché si possa essere una società di cittadini.

È questo il mondo che vogliamo. Per noi, per tutti noi. Un mondo di eguaglianza."

E questo è anche il mondo che vogliamo noi.

SABATO 18 SETTEMBRE, ore 16 Casa del popolo di Ponte a Elsa, manifestazione contro la lega nord padana e contro quella toscana, che alla fine dei conti è la stessa.

sabato 3 luglio 2010

Aiutiamo gli eritrei torturati in Libia, aderiamo all'appello de l'Unità!

Libia - Violenze a Misratah contro i respinti dall’Italia. Deportazione in corso.
Un estratto delle comunicazioni ricevute dalla Libia. Situazione drammatica. Urgente un intervento

Circa 350 profughi Eritrei detenuti a Misratah in Libia, chiedono aiuto per far cessare la violenza inaudita a cui sono sottoposti dal pomerigio del 29 giugno.
Tra loro ci sono circa 80 minoreni.

I profugih riferiscono di percosse, manganellate con 30 persone ferite seriamente: un vero e proprio bagno di sangue. La situazione è molto grave, con persone disperate che minacciano il suicidio, ingerendo della varechina o altre sostenza tossiche.

E’ necessario che qualcuno, Unione Europea o Nazioni Unite, intervenga immediatamente per salvare queste persone dal rischio di morte sotto i manganelli delle guardie carcerarie o per un suicidio collettivo provocato dalla disperazione.

Successivamente è iniziata una vera e propria deportazione forzata dal Centro di detenzione di Mishratah. E’quello che i profughi temevano: l’espulsione forzata, chiusi in camion container come bestiame.
Non si conosce la loro destinazione, ma i profughi temono di essere espulsi verso il paese di origine, cioè l’Eritrea.

Si tratta di una totale violazioni dei diritti dei richiedenti asilo politico.
E’ necessario fermare questa deportazione forzata in corso.

Tratto da: MeltingPot Europa

L'ASSOCIAZIONE CITTA' METICCIA ADERISCE ALL'APPELLO DE L'UNITA'
Invitiamo tutti e tutte a mandare una mail al ministro dell’Interno Maroni a info@interno.it. Questo il testo: «Io, (nome e cognome) sono convinto che un Paese civile non possa essere complice di un crimine contro l’umanità. Fermate il massacro dei prigionieri eritrei in Libia».

I fatti risalgono al 29 giugno. Nel carcere di Misratah esplode la protesta degli eritrei. Duri scontri con la polizia dopo il rifiuto di fornire le proprie generalità all'ambasciata eritrea. Nella notte, circa 250 persone sono deportate nei camion container nel carcere di Brak, nella provincia di Sebha, nel deserto libico. Molti di loro sono eritrei respinti in mare dall'Italia nell'ultimo anno. Si appellano alla comunità internazionale per fermare l'espulsione di massa, mentre in cella continuano violenze e umiliazioni.

Che fine hanno fatto i respinti lo sappiamo già: rinchiusi in carcere in Libia. Ma adesso il problema è capire che fine faranno. Dall'alba del 30 giugno infatti abbiamo perso le loro tracce. I container sono partiti carichi di uomini alle cinque del mattino, lasciandosi alle spalle i cancelli del campo di detenzione di Misratah. Un reparto dell’esercito ha fatto irruzione nelle celle in piena notte. Le ultime telefonate d’allarme sono giunte alle cinque del mattino. Poi il silenzio: tutti i telefonini sono stati sequestrati. I detenuti portati via sono almeno 300. Tutti eritrei, uomini e donne, compresi una cinquantina di minorenni. Tutti arrestati sulla rotta per Lampedusa, chi respinto in mare nell’ultimo anno e chi fermato nelle retate della polizia libica a Tripoli. La diaspora eritrea, da Roma e da Tripoli, ci ha chiesto di dare la massima diffusione alla notizia, perché il rischio di un’espulsione di massa a questo punto è molto alto.

Che a Misratah tirasse una brutta aria lo si era capito da un pezzo. Da quando, tre settimane fa, il governo libico aveva espulso l’Alto Commissariato dei Rifugiati delle Nazioni Unite, che proprio a Misratah aveva regolare accesso da ormai tre anni. Ma i guai sono arrivati nella giornata di ieri. I militari libici hanno consegnato ai detenuti i moduli dell’ambasciata eritrea per l’identificazione. Tutti si sono rifiutati categoricamente di fornire la propria identità all’ambasciata, temendo che fosse il primo passo per un’espulsione collettiva. Al loro rifiuto la tensione è salita, fino a sfociare in una rivolta, con un durissimo scontro con le forze di sicurezza. Qualcuno ha tentato di scavalcare il muro di cinta e fuggire, ma l’evasione è stata presto sventata e la protesta duramente repressa a colpi di manganellate.

Secondo l’agenzia Habesha, che da Roma ha potuto raggiungere telefonicamente alcuni detenuti di Misratah, ci sarebbero una trentina di feriti gravi, che sarebbero stati portati via nei container insieme a tutti gli altri. Habesha riferisce anche di tentati suicidi per evitare la compilazione dei moduli di identificazione. Il timore generale è infatti quello di essere espulsi in Eritrea. La Libia ha sospeso le espulsioni verso Asmara negli ultimi tre anni, ma la chiusura dell’ufficio dell’Unhcr a Tripoli non lascia ben sperare. Una fonte informata e presente in Libia sostiene più verosimile che si tratti di una deportazione da Misratah ad altri campi di detenzione per punire i rivoltosi e dividerli in gruppi più piccoli in altri centri. Tuttavia l’allarme per il rischio espulsione di massa rimane altissimo. La diaspora eritrea da anni passa attraverso Lampedusa per chiedere asilo politico in Europa. La situazione ad Asmara è sempre più preoccupante.

Tratto da: FortressEurope

HO SENTITO QUELLE VOCI. NEL CONTAINER SOTTO IL SOLE DEL SAHARA.
di Gabriele Del Grande

Da tre giorni un rumore mi perseguita. È un rullare di ruote e uno sbattere, vibrare e cigolare di ferri. Con uno sfondo sonoro di lamentazioni di uomini. L'ho sognato anche stanotte. È il rumore delle deportazioni. L'esercito libico ha fatto irruzione nel carcere di Misratah all'alba del 30 giugno, il giorno dopo la rivolta degli eritrei. Molti stavano ancora dormendo. Li hanno portati via così, 300 persone circa, alcuni ancora nudi, altri feriti dai pestaggi del giorno prima. E li hanno rinchiusi dentro due camion, dentro un container di ferro, di quelli che si usano sui treni merci e sulle navi cargo. Quando, il pomeriggio del 30 giugno, sono riuscito a contattarli al telefono, erano ancora dentro il container.

Il camion correva veloce sulla strada, e a ogni buca i ferri del cassone sbattere sul rimorchio. A. non parlava inglese, ma quando ha sentito “Italy” ha passato il cellulare ad altri, borbottando qualcosa in tigrino. Così, nel buio pesto del container, in quel forno che deve essere una scatola di ferro sotto il sole del Sahara, riempito con 150 persone appiccicate una addosso all'altra, passando di mano in mano, il telefono ha raggiunto D.. Era l'unico telefono sfuggito alle perquisizioni. L'ultimo filo con il mondo esterno. D. parlava inglese. “Ci sono donne e bambini svenuti qua in mezzo - ha detto - ci manca l'aria”. Io, quei container li ho visti, nel 2008, a Sebha. E li ho anche fotografati, di nascosto. E come me, li ha visti il prefetto Mario Morcone, del Ministero dell'Interno, durante le sue missioni in Libia. E li hanno visti Marcella Lucidi e Giuliano Amato, quando nel 2007 volarono a Tripoli per firmare l'accordo sui respingimenti che – spesso lo si dimentica – fu voluto dal governo Prodi, prima che arrivassero i Maroni e i Berlusconi.

Io nei container ci metterei questi signori. Anzi ci metterei i loro figli. E poi li farei sedere a fianco dei padri e delle madri che in queste ore in Italia piangono la sorte dei propri cari in Libia. Perché – e anche questo spesso lo si dimentica – ogni eritreo che attraversa il mare ha in Italia un parente che lo aspetta, che gli ha mandato con Western Union i soldi per lasciarsi alle spalle la dittatura. E di fronte a quei nomi, la ragion politica vacilla.

Sulla base di quale interesse di Stato, Maroni consolerà una madre che su quel container diretto nelle prigioni del Sahara ha il proprio figlio? O peggio ancora la propria figlia, che magari presto sarà violata, oltre che bastonata, dai suoi carcerieri libici.

continua su: FortressEurope

lunedì 31 maggio 2010

PRESIDIO IN SOLIDARIETA' CON LE ASSOCIAZIONI PACIFISTE ATTACCATE DA ISRAELE


Oggi pomeriggio ci sarà un presidio a Empoli in Piazza della Vittoria dalle ore 18.30. Il presidio nasce dall'indignazione generale che tutti noi stiamo vivendo riguardo l'aggressione criminale che Israele sta portando avanti contro la popolazione di Gaza e ieri anche contro la Freedom Flotilla. La flotta pacifista si stava dirigendo a Gaza per portare aiuti e rompere l'assedio. Tra gli aiuti ci sono seggiole a rotelle, casette prefabbricate, medicine, generi alimentari, e altri beni fondamentali per la popolazione di Gaza, di certo non armi come dichiarato dal governo israeliano.

Nell'attacco criminale, frutto della totale impunità di cui gode lo stato israeliano nelle sue continue violazioni dei diritti umani in medio oriente, ci sono stati almeno 19 morti. La nave attaccata è la Mavi Marmara, nave turca che fa parte della Freedom Flotilla.

La Freedom Flottila è composta da 9 navi con a bordo circa 700 persone provenienti da 40 paesi con aiuti per la popolazione di Gaza, stretta nell'assedio. Ci sono molte associazioni per i diritti umani e contro l'assedio di Gaza, la più numerosa è il Free Gaza Movement, inoltre ci sono cinque parlamentari (di Irlanda, Svezia, Norvegia e Bulgaria) oltre a esponenti di Ong, associazioni e semplici cittadini.

Il giornalista di Al Jazeera a bordo della nave ha raccontato che la nave è stata attaccata nelle acque internazionali. Gli israeliani sono saliti a bordo ed hanno sparato sui civili che facevano parte dell'equipaggio.

L'attacco israeliano alla Freedom Flotilla é una scelta precisa di Israele di riaffermare la propria impunità internazionale. Israele vuole riaffermare il proprio totale diritto a compiere dove, come, quando gli pare atti di vera e propria criminalità internazionale.

Oggi dunque saremo in piazza per esprimere ancora una volta la nostra solidarietà alla popolazione di Gaza e ai movimenti internazionali di sostegno al popolo sotto assedio. Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire, anche con forti sanzioni contro i crimini dello stato di Israele. Siamo profondamente convinti e convinte che così facendo Israele sta mettendo in pericolo anche il popolo israeliano stesso.

E' evidente che del processo di pace non interessa niente all'attuale governo israeliano: una forte condanna non solo degli attacchi di stanotte, ma anche delle continue violazioni dei diritti umani contro bambini uomini e donne a cui è resa impossibile la vita quotidiana da parte della comunità internazionale, Italia compresa, rappresenta oggi un atto dovuto. Le dichiarazioni del ministro Frattini che chiedono di capire cosa sia realmente successo non vanno assolutamente in questa direzione, anzi, come le sue parole contro il boicottaggio dei prodotti provenienti dai territori occupati, continuano a legittimare la condotta del governo israeliano e le sue continue violazioni dei diritti umani più elementari.

Esprimiamo ancora una volta la nostra totale solidarietà alle vittime dell'aggressione, condanniamo la vile e criminale azione dei reparti speciali israeliani contro attivisti civili, pacifisti e inermi. Quello di stanotte è stato un crimine contro l'umanità. Su quelle navi potevamo esserci anche noi, su quelle navi ci siamo anche tutte e tutti noi.

Aggiornamenti:

Ascolta l'ntervista a Vittorio Arrigoni

PeaceReporter

Guerrilla Radio: il blog di Vittorio Arrigoni

Trasmissione speciale di Radio Sherwood


SOLIDARIETA' AI MOVIMENTI DI SOSTEGNO ALLA POPOLAZIONE DI GAZA

STOP AL MASSACRO PALESTINESE - FERMIAMO ISRAELE!

CONDANNA CHIARA E NETTA DELL'AGGRESSIONE DA PARTE DELLA COMUNITA' INTERNAZIONALE

FREE GAZA - PALESTINA LIBERA

venerdì 28 maggio 2010

COMUNICATO DELL'ASGI SUL CIE IN TOSCANA

IMMIGRAZIONE: MARONI, NUOVI CIE ENTRO FINE ANNO IN 4
REGIONI ANNUNCIO MINISTRO, CENTRI IN VENETO, TOSCANA,
MARCHE E CAMPANIA
(ANSA) - ROMA, 26 MAG 2010

Entro la fine dell'anno si avvieranno i lavori per la realizzazione di
quattro nuovi Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie) in Veneto,
Toscana, Marche e Campania. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno
Roberto Maroni nel corso del question time alla Camera, sottolineando
che l'obiettivo del governo è quello di realizzare un Cie in ogni
regione italiana entro la fine della legislatura. Per un contrasto
adeguato all'immigrazione clandestina, ha detto Maroni, "occorre
potenziare i Cie.
Oggi ce ne sono 13, in 9 regioni, con 1.811 posti" e che "sono
insufficienti per gestire l'azione di contrasto". Dunque, ha
proseguito Maroni, "entro quest'anno cominceremo la costruzione"
nelle quattro regioni.

"Abbiamo già individuato le aree, vicino agli aeroporti, in strutture
dismesse che vanno ristrutturate. Nei prossimi giorni - ha concluso il
titolare del Viminale - incontrerò i presidenti delle quattro regioni,
per definire con loro le nostre proposte e decidere la sede più idonea".
______________________

PUBBLICHIAMO DI SEGUITO LA PRESA DI POSIZINE DELL'ASGI
SULLA QUESTIONE CIE IN TOSCANA
______________________

La Regione Toscana, sino ad oggi, grazie all’impegno ed all’azione
congiunta delle Associazioni e degli Enti Locali è, anche
simbolicamente, una terra libera da Centri istituiti e voluti per
privare della libertà personale donne, uomini e talvolta minori, senza
le finalità e le garanzie sancite dall’articolo 13 della Costituzione
Italiana.

Siamo fortemente allarmati dalla non univocità delle affermazioni del
Presidente della Regione di fronte alla pretesa del Ministro dell’Interno
di istituire anche sul territorio toscano Centri di Identificazione ed
Espulsione e quindi chiediamo alle rappresentanze istituzionali del
territorio di non accettare imposizioni che non potranno che trovare,
ancora una volta, la nostra più viva opposizione.


ASGI Associazione Studi Giuridici Immigrazione
Sezione Toscana

venerdì 21 maggio 2010

IL CLANDESTINO E IL BANCHINO


Esprimiamo profonda indignazione per la ridicola provocazione che domani andrà in scena in via del Giglio a Empoli. Secondo le farneticanti esternazioni di Pdl azione giovani e gioventù italiota presenti nel comunicato di lancio dell'iniziativa, domani in via del Giglio ci sarà un banchino di raccolta firme, sembrerebbe di capire, per la promozione di un "Referendum abrogativo della legge Regionale Toscana nr. 29 del 09.06.2009" (norme per l'accoglienza, l'integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri).

Secondo gli organizzatori del banchino questa legge sarebbe "illegittima" e addirittura "equipara i cittadini stranieri clandestini a quelli regolari". Tali attacchi alla legge regionale in materia di immigrazione dimostrano ignoranza verso la legge stessa, o malafede, e in ogni caso c'è una evidente volontà di spargere odio nella nostra comunità. Odio di esseri umani verso altri esseri umani.

Questi stessi esponenti del pdl si dimostrano anche avulsi dalla realtà e tentano un'improbabile distinzione netta tra chi è regolare e chi è clandestino, ignorando che queste sono condizioni giuridiche vissute entrambe dalla grande maggioranza dei cittadini e delle cittadine migranti, praticamente tutti se si escludono i calciatori.
Anzi diciamo che fanno finta di ignorare la realtà delle cose, e ciò è ancora peggio perché sintomo di malafede. Infatti porta proprio il nome di un loro esponente e di Bossi la legge che non permette canali di ingresso regolari nel nostro Paese, costringendo nell'illegalità milioni di persone (legge Bossi-Fini): tale legge prevede che chi entra in Italia abbia già un lavoro, ma chi assumerebbe mai una persona che ancora non conosce?
E' addirittura dell'attuale governo in carica il "Pacchetto Sicurezza", varato da Maroni e contestatissimo dalle associazioni per i diritti umani, che peggiora (ebbene si, era possibile) la Bossi-Fini restringendo ulteriormente i diritti dei migranti in Italia: impedimenti ai ricongiungimenti familiari, prolungamento del tempo di prigionia nei CIE, introduzione della disumana e criminale pratica dei respingimenti in mare.

Dalle "argomentazioni" dei politici del banchetto è evidente una profonda ignoranza anche della carta costituzionale italiana che all'articolo 3 dice chiaramente che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali..."

Non spetta certo a noi che siamo una semplice associazione di cittadini di diverse provenienze difenderla, ma entrando nel merito della legge toscana che non piace al pdl ci sembra che essa non faccia altro che riconoscere la carta costituzionale, non dice niente di più in realtà, continua a non riconoscere ai cittadini sprovvisti di documenti nessun diritto a parte quello alle cure mediche. La legge toscana è financo troppo chiara nel ribadire che le azioni si rivolgono verso i cittadini stranieri in regola, in quasi tutti gli articoli si ribadisce "ai cittadini in regola col soggiorno".

Molto di più potrebbe fare una legge che metta al centro veramente l'essere umano. Prima si è esseri umani, poi si ha i documenti: i diritti umani si applicano, come dice la parola stessa agli esseri umani, a prescindere dalle condizioni giuridiche. L'Italia ci risulta ancora firmataria della carta fondamentale dei diritti dell'uomo, la quale sancisce anche il diritto a migrare come fondamentale di ogni essere umano, e il Primo Marzo, a Empoli come in tutta Italia lo abbiamo detto a gran voce.

Riteniamo il banchino di domani una becera provocazione il cui unico intento è spargere odio e paura, potevano raccogliere le firme a favore del razzismo e sarebbe stato lo stesso. Una provocazione verso tutta la comunità empolese, verso vecchi e nuovi cittadini, e gli esponenti del pdl promuovendola non fanno altro che dimostrare la loro bassezza politica, culturale e morale.

Oggi, in questa Italia malata, crediamo sia molto più opportuno, per il bene di tutto il Paese, andare a scuola, non distruggerla... d'altronde anche quello all'istruzione è un diritto primario di ogni essere umano e di ogni bambino della terra, a prescindere dalla condizione sociale sua o dei suoi genitori.

Siamo certi e certe che di firme ne raccoglieranno ben poche, che Empoli si dimostrerà ancora una volta libera da odio e razzismo: quel banchino infondo è l'unico clandestino.

domenica 11 aprile 2010

Cie di Crotone, i poliziotti: «È indegno di un paese civile»


Il segretario del Coisp racconta le condizioni di vita e di lavoro all’interno del centro più grande d’Europa e che martedì c’è stata una rivolta dei migranti reclusi: «Abbiamo affrontato una vera e propria guerriglia durata ore».

Nessuno ve lo ha raccontato, ma è da mesi che i poliziotti che lavorano all’interno del Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, il più grande «centro per immigrati» d’Europa [1500 posti] e che contiene un Cie, un Cara e un centro d’accoglienza, denunciano la situazione «scandalosa» in cui versa quel luogo e dicono che si tratta di una «bomba a tempo che è pronta ad esplodere e che deve essere disinnescata al più presto». D’altronde per primi coloro vi sono rinchiusi non ne possono più, e infatti martedì scorso c’è stata una rivolta lunga e durissima durante la quale sono rimasti feriti due poliziotti e due finanzieri mentre quattro migranti sono stati arrestati.
In un comunicato stampa inviato alle agenzie il 9 aprile, Franco Maccari, segretario generale del Coisp [Sindacato indipendente di polizia] ha raccontato che «martedì sera si è rischiato grosso, quando all’interno del Cie decine di immigrati sono saliti sui tetti delle palazzine e hanno lanciato pietre e altri oggetti contundenti contro gli uomini delle forze dell’ordine in servizio nel campo. Polizia, carabinieri e guardia di finanza hanno dovuto affrontare una vera e propria guerriglia fino a notte fonda, per evitare che gli immigrati sfondassero le recinzioni per darsi alla fuga».
E non basta. Maccari ha aggiunto che «solo poche settimane fa nel centro sono stati incendiati alcuni container adibiti ad alloggi, e sempre negli ultimi mesi sono rimasti feriti, in diversi episodi di rivolte o risse scoppiate nel campo, un ispettore di polizia colpito da un sasso in pieno petto che ha riportato una frattura allo sterno, un brigadiere dei carabinieri e tre militari dell’esercito». Si è chiesto, Maccari: «Bisogna che qualche nostro collega ci lasci la pelle, perché si cominci a parlare del centro immigrati di Crotone e soprattutto si decida di chiudere questo ‘mostro’ che non dovrebbe esistere in un paese civile?»
Dopo gli incidenti di martedì, i quattro arrestati [due marocchini, un algerino e un tunisino] sono accusati di devastazione, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Chi è invece il responsabile delle «vergognose condizioni di vita per gli ospiti – è sempre il poliziotto Maccari a parlare – alloggiati in strutture fatiscenti e in pessime condizioni igienico-sanitarie?».
Il Cie calabrese è formato da due palazzine verdi, un tempo alloggi di una vecchia base dell’aeronautica militare, poi diventate Cpt, chiuse nel 2007 dal Viminale, e riaperte d’urgenza nel 2009 per trasferirvi parte degli immigrati dopo la rivolta e l’incendio nel Cie di Lampedusa. I due edifici sono divisi in un totale di quattro moduli, ma la maggior parte degli immigrati dorme nei containers con i servizi igienici in comune.
A Crotone ci sono ancora circa cento nuovi ingressi al mese. Non sono più africani passati dalla Libia ma kurdi, afghani e iracheni che transitano dal confine nord est dell’Italia.
Maccari ha raccontato che «in maniera incontrollata» quelli che lui chiama gli «ospiti» del centro «si moltiplicano durante le ore notturne, perché gli otto chilometri di recinzione esterna sono pressoché incontrollabili e centinaia di immigrati si introducono per mangiare e dormire, e non ci sono forze di polizia sufficienti ad assicurare un controllo adeguato». A gestire sia il Cara che il Cie sono «Le Misericordie d’Italia», di cui è stato presidente Daniele Giovanardi: e Maccari si stupisce delle difficili condizioni di vita e di lavoro nel centro, «condizioni – ha detto – che tra l’altro risultano inspiegabili alla luce delle cospicue somme di denaro elargite per finanziare la gestione dell’accoglienza degli immigrati e la manutenzione del centro».

Fonte: CLANDESTINO

venerdì 2 aprile 2010

IO ANTIRAZZISTA, E TU?

Sabato 3 Aprile organizziamo in collaborazione con il laboratorio hip-hop UrbanBeing una serata antirazzista, dal titolo "IO ANTIRAZZISTA". Parleremo di ciò che sta accadendo nell'Italia odierna e denunceremo l'orrore che si vive quotidianamente nei CIE, con proiezioni di video e musica hip-hop, dall'aperitivo fino a sera.
Prendiamo parola riguardo ciò che sta succedendo in Italia dal punto di vista dei diritti delle persone migranti. Lo facciamo perché la situazione è drammatica. Lo facciamo perché benché nei telegiornali non si parli della situazione di migliaia e migliaia di persone rinchiuse senza aver commesso nessun reato, non siamo CIEchi, non siamo CIEche. Constatiamo che oggi il fermo di alcuni migranti senza i documenti in regola fa già una notizia, mentre sembrerebbe non essere una notizia il fatto che oggi, viste le leggi in materia di immigrazione (pacchetto sicurezza e Bossi-fini in primis), è normale che ci siano persone che perdono il permesso di soggiorno in Italia, e con esso ogni minimo diritto.
Sta succedendo che in Italia la lega raddoppia i consensi rispetto alle elezioni regionali precedenti, e lo fa usando apertamente il linguaggio del razzismo.
Nei CIE italiani accadono stupri (come quello tentato su Joy e Hellen nel CIE di via Corelli a Milano), maltrattamenti, pestaggi (come dimostrano i video di YouReporter e di altre associazioni, che pubblichiamo sul nostro blog e che proietteremo domani). Nei CIE è addirittura vietato portare dentro i cellulari, e la comunicazione con l'esterno è resa quasi impossibile. Nei CIE ci vanno a finire persone che vivono in Italia da decine di anni, che hanno sempre lavorato e contribuito alla ricchezza sociale, economica e culturale del nostro paese, che hanno perso il lavoro e con esso anche il permesso di soggiorno.
La Bossi-fini, il pacchetto sicurezza e i CIE costituiscono un drammatico dispositivo di esclusione sociale, riducono esseri umani, migranti (come migranti eravamo noi italiani in tempi di fame), a braccia da usare nei lavori più duri e di cui disfarsi quando la crisi preme, o attraverso il cui lavoro nero e ipersfruttato, schiavizzato, uscire da una crisi non certo determinata da noi.
Di fronte a tutto ciò, di fronte ad una costrizione all'illegalità e alla clandestinità imposta dal legame tra il lavoro e la casa ed il rilascio del permesso di soggiorno (spesso quando è già scaduto), di fronte ai pestaggi, come quello che poche notti fa ha scatenato a Roma l'ennesima rivolta dei reclusi, crediamo sia impossibile stupirsi, e ci sentiamo più che mai vicini e vicine a tutti i reclusi ingiustamente, senza aver commesso reati, in questi lager. A loro va tutta la nostra solidarietà. A loro, ma anche a noi che potremmo andare a finirci domani, anche a noi che per via della cittadinanza italiana non ci finiremo mai ma che siamo solidali e antirazziste, dedichiamo l'impegno nel continuare il cammino, iniziato il Primo Marzo, verso la costruzione di un forte movimento NO CIE, per i diritti di tutti e contro le leggi razziste.
Ci interessa, e molto, denunciare anche ciò che sta succedendo in Toscana perché qua siamo, qua viviamo, e qua vogliamo continuare a vivere.
Durante la campagna elettorale la Lega Nord di Arezzo si è messa a distribuire ai mercati delle saponette usa e getta per poter pulirsi le mani dopo aver toccato una persona migrante: questa geniale idea forse ha fruttato al partito xenofobo un incremento sostanziale rispetto alle precedenti regionali, in quanto è passato dall'1,3% del 2005 all'8,35% delle recenti elezioni (attestandosi in provincia di Arezzo sopra la media regionale, che è del 6,5%, dunque).
Negli ultimi mesi succede che sui treni ci sono agenti della polfer che chiedono i documenti. Fin qui tutto potrebbe anche sembrare normale, ma ciò diventa meno normale se si pensa al fatto che non è abituale per i toscani sentirsi chiedere i documenti ed essere identificati sul treno, molti di noi studiano o lavorano in città come Firenze o Pisa, e non siamo affatto abituat@ a tali "premure", né ci sentiamo più sicur@. Non ci sembra normale nemmeno il fatto che i documenti non vengano chiesti a tutti i passeggeri indistintamente, ma solo ad uno scompartimento per vagone, quello con più persone di carnagione scura, o dai tratti inconfondibilmente stranieri, come gli occhi a mandorla per esempio. Cosa succede se un cittadino è senza documenti?
Ci idignamo di fronte a una società e a delle istituzioni che criminalizzano i migranti, non vogliamo assolutamente una Toscana in salsa leghista, e quando apprendiamo della pratica di tali controlli ci viene in mente Milano, con le retate anti-immigrati fatte dai vigili sui pullmann di linea, ci vengono in mente gli anni più bui del secolo scorso (che molti di noi non hanno visto, ma che nell'Italia di oggi riescono ad immaginarsi perfettamente).
Allora invitiamo tutti i cittadini democratici a riconoscere gli atti di straordinario razzismo (non è ordinario controllo quello), e a far sentire il proprio rifiuto: rendiamo pubblico il numero della nostra associazione e mettiamo a disposizione i nostri legali per chi, senza documenti, dovesse incorrere in problemi di questo tipo e avesse bisogno di un legale.
Ci preme sottolineare la nostra preoccupazione per quanto espresso in campagna elettorale circa la possibilità di una collaborazione della Regione con il Governo, riguardo la costruzione di un CIE in Toscana, sebbene sotto forma di "piccoli centri attenti alla dignità e ai diritti umani". Ci riesce impossibile pensare come dei centri di identificazione ed espulsione, regolati da accordi nazionali, possano sul territorio toscano, se costruiti, assumere la forma di centri volti all'integrazione e alla regolarizzazione dei detenuti. I CIE sono disumani per natura essendo realizzati per rinchiudere senza un giusto processo, persone colpevoli di soli illeciti amministrativi (mancanza di documenti) e non reati.
Per la prima volta dal 1938, anno delle leggi razziali approvate dal fascismo, assistiamo ad una punizione della condizione della persona e non del comportamento.
Il trattenimento nei CIE è altamente inconstituzionale poichè incide sulla libertà personale del migrante. L’articolo 13 della Costituzione tutela la libertà come diritto fondamentale anche allo "straniero comunque presente sul territorio dello stato".
Sulla base di esperienze dirette, testimonianze documentate, reportage, filmati, inchieste e denunce di associazioni autorevoli come Medici senza Frontiere e Amnesty International ma anche funzionari statali, tecnici, esperti, esponenti del volontariato e dell’associazionismo affermiamo l'inconstituzionalità dei CIE, centri di annientamento della dignità umana che riflettono tristemente la condizione di un Paese vittima e colpevole di un razzismo sempre più diffuso e radicato.
Chiediamo di riflettere sugli avvenimenti accaduti nei CIE (pestaggi e ribelioni), e di ascoltare la voce del mondo dell'associazionismo, delle basi religiose, di chi denuncia lo stato di invivibilità, gli atti di auto-lesionismo e di suicidio ai quali in molti ricorrono pur di sottrarsi alla condizione atroce alla quale sono sottoposti. Chiediamo alla Regione e al Presidente vincente di dire un NO CHIARO ai CIE in Toscana, poichè per la tutela della dignità umana non ci si può appellare all'uso di mezze misure. Chiediamo alla Toscana di dare un segnale forte all'intero paese e rifiutare il clima xenofobo e intollerante perpetuato costantemente e alimentato dalla Legge Bossi-Fini, dicendo un No chiaro ai Cie.
Chiediamo alla Toscana di rimanere democratica e di mantenere il giudizio fortemente critico contro la legge Bossi-Fini come garantito dal "Programma Toscana Democratica" e di applicare con coerenza i principi di integrazione e rispetto dei diritti umani sanciti dalla legge in immigrazione che la Toscana si è data.
La splendida giornata del Primo Marzo 2010, in cui migliaia e migliaia di cittadini toscani, insieme a cittadini di mezza Europa, hanno gridato un forte no al razzismo e alle discriminazioni, hanno ribadito il diritto a migrare, sancito dalle convenzioni internazionali per i diritti dell'essere umano, hanno detto un chiaro no ai lager per migranti, no ai CIE: né in Toscana, né altrove.
Invitiamo tutti i comitati locali toscani a riprendere il discorso sui diritti e contro il razzismo, anche in vista della prossima assemblea nazionale del movimento Primo Marzo, che si terrà a Roma l'11 Aprile, in cui si discuteranno le priorità del movimento.
Sabato 3 Aprile, in collaborazione con il laboratorio hip-hop UrbanBeing, serata antirazzista: "IO ANTIRAZZISTA". Parleremo di ciò che sta accadendo nell'Italia odierna e denunceremo l'orrore che si vive quotidianamente nei CIE, con proiezioni di video e musica hip-hop, dall'aperitivo fino a sera. Dalle 19 in poi presso gli spazi del cs Intifada in via 25 Aprile a Ponte a Elsa.

cittameticcia@gmail.com
3294536137

lunedì 15 marzo 2010

Mandati a morire


Gli eritrei e i somali respinti in Italia, sono da diversi mesi nelle carceri libiche e rischiano di essere rimpatriati nel loro paese dove li attende la corte marziale e i lavori forzati.

Di Gabriele Del Grande.


Dieci febbraio 2010. Gaeta. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni stringe la mano all'ambasciatore libico in Italia Hafed Gaddur. L'Italia ha mantenuto l'impegno sottoscritto dal governo Prodi nel 2007. E oggi consegna alla Libia altre tre motovedette per i pattugliamenti anti emigrazione al largo di Tripoli, dopo le tre consegnate nel maggio 2009. La ricetta dei respingimenti, voluta dal governo Prodi e messa in atto dal governo Berlusconi, ha dato i frutti sperati. Gli sbarchi in Sicilia si sono azzerati negli ultimi mesi. Nel 2009 sono arrivate via mare poco più di 9mila persone a fronte di oltre 36mila giunte l'anno precedente. Dall'inizio dei respingimenti, nel mese di maggio, il numero degli arrivi è calato addirittura del novanta percento. "Abbiamo fermato l'invasione", recitano tronfi d'orgoglio i manifesti elettorali della Lega. Nessuno però ha ancora detto agli italiani che fine hanno fatto i respinti.
A dieci mesi di distanza dai primi refoulement, abbiamo ricostruito il loro destino, grazie a una rodata rete di informatori in Libia. Molti dei respinti sono stati rimpatriati nei loro paesi. Ma non i rifugiati politici, somali e eritrei, che sono ancora in carcere. I primi si trovano in due campi, a Tripoli e a Gatrun, mille chilometri più a sud, in pieno deserto. Gli eritrei invece sono divisi tra Misratah, Zlitan, Garaboulli e, le donne, Zawiyah. E mentre in Italia si brinda al giro di vite sugli sbarchi, i rifugiati in Libia rischiano l'espulsione. Rischiano sì, perché a differenza dei contadini del Burkina Faso o dei ragazzi delle periferie di Casablanca, per un eritreo o per un somalo il rimpatrio significa arresti e persecuzioni. E in alcuni casi, la vita. La Somalia è in guerra civile dal 1991. E il regime eritreo dal 2001 stringe in una morsa sempre più serrata l'opposizione e l'esercito. La repressione è tale, che recentemente i servizi segreti eritrei sono arrivati addirittura in Libia alla ricerca degli oppositori.
È successo nel gennaio 2010. L'idea iniziale era di organizzare un'espulsione di massa, come fece l'Egitto nel 2008 quando rimpatriò in un mese ottocento eritrei, in gran parte disertori. Così, tra gennaio e febbraio, centinaia di eritrei detenuti in Libia sono stati schedati. Alle iniziali proteste di chi rifiutava di fornire le proprie generalità all'ambasciata, la polizia libica ha risposto con la violenza. Nel campo di Surman gli scontri sono stati particolarmente cruenti. Ma alla fine la diaspora eritrea è riuscita a esercitare una certa pressione sulle organizzazioni internazionali e sulla stampa. E il progetto di rimpatrio si è ridimensionato, assumendo però un carattere ancora più preoccupante.

Secondo Radio Erena, una radio indipendente dell'opposizione eritrea basata a Parigi, tra le centinaia di eritrei detenuti in Libia, il regime ne avrebbe selezionati dodici e li avrebbe espulsi. I fatti risalirebbero al 2 febbraio 2010. Il criterio con cui i dodici sarebbero stati scelti è il ruolo politico che avevano in patria prima della fuga. Tutti infatti erano assunti presso diversi uffici ministeriali e due di loro erano membri dell'aviazione militare eritrea. Radio Erena ha diffuso una lista dei nomi:Nove dei dodici espulsi, sarebbero ancora detenuti in modo arbitrario nel carcere eritreo di Embatkala. Si tratta di: Zigta Tewelde, Asmelash Kidane, Zeraburuk Tsehaye, Zewde Teferi, Yohannes Tekle , Ghebrekidan Tesema, Tilinte Estifanos Halefom, Nebyat Tesfay e Tilinte Tesfagabre Mengstu. Inoltre, Habte Semere e Yonas Ghebremichael, che prima di fuggire dall'Eritrea lavoravano nell'ufficio del presidente Afewerki, sarebbero in queste ore detenuti nella prigione di Ghedem, vicino Massawa.

In Eritrea li attendono anni di carcere duro e torture. Ma per gli eritrei rimasti in Libia la situazione non è migliore. Nel centro di detenzione di Garabulli sono in centosettanta, rinchiusi insieme a ventiquattro somali, in celle grandi quanto un monolocale, trenta metri quadrati, dove vengono stipate fino a quaranta o cinquanta persone buttate a dormire per terra. Qui gli eritrei sono arrivati il 16 settembre, dal carcere di Bengasi, dove nel mese di agosto una rivolta dei detenuti era stata sedata nel sangue dalla polizia libica, con l'uccisione di almeno sei prigionieri somali. Anche qui il 28 dicembre 2009 sono arrivati i formulari dell'ambasciata eritrea per l'identificazione e il rimpatrio. Ma nessuno li ha voluti firmare per paura di essere perseguitato in patria. Sono quasi tutti disertori dell'esercito e in Eritrea rischiano la corte marziale e i campi di lavoro forzato. A fargli cambiare idea sono state le torture della polizia libica. L'11 gennaio li hanno fatti uscire uno a uno, nel corridoio del carcere, riempiendoli di manganellate. Un uomo è stato ammanettato e appeso al muro per i polsi, perché fosse da esempio agli altri. Alla fine hanno riempito i formulari in centoventi, altri cinquanta hanno continuato a rifiutare nonostante i pestaggi. Oggi hanno tutti la stessa paura. Chi ha firmato teme di essere rimpatriato. Chi non lo ha fatto ha paura di essere trasferito in un'altra prigione e di passare anni nelle galere libiche. Gli anni migliori della vita. Magari con una famiglia qui in Italia che li aspetta e che da mesi non ha più loro notizie. Ma non si preoccupino gli italiani. Maroni l'ha detto e ripetuto: "La Libia fa parte dell'Onu e in Libia è presente l'Alto commissariato per i rifugiati della nazione Unite".

Tratto da: PeaceReporter

mercoledì 3 marzo 2010

Primo Marzo 2010 - Un nuovo comune della cittadinanza


di Nicola Grigion

Dalla capitale al profondo Sud, dal Nord Ovest dell’industria al Nord Est della produzione diffusa, il Primo Marzo 2010 è stata una giornata ricca di colore.

Cortei (partecipatissimi) e iniziative, in oltre 60 città italiane, certo, per esprimere contrarietà al razzismo ed alle attuali politiche sull’immigrazione, ma anche per affrontare situazioni e percorsi concreti, come la questione degli sfratti, dello sfruttamento nel lavoro, della precarietà, della gestione securitaria delle città.

Potremmo, in questo 2 Marzo, il giorno dopo, essere affascinati dall’idea di arrivare ad una sintesi, o farci ingannare facilmente dalla possibilità di raccontare le 24 ore appena trascorse in maniera rituale, retorica. Ma tutto questo non potrebbe che risultare un abito troppo stretto per una giornata che invece apre inediti scenari, tutti da scoprire, tutti da percorrere.

Perchè il Primo Marzo 2010 non è stato semplicemente il giorno dei migranti, non è stata una giornata di sciopero e mobilitazioni dei soli stranieri, per i soli diritti degli stranieri. Piuttosto, il Primo Marzo 2010, raccontato dalle migliaia di facce che lo hanno animato, lascia tutti noi con l’idea e la convinzione che insieme, italiani e stranieri, possiamo costruire un nuovo linguaggio per abitare la crisi.

Perchè se è vero che i migranti sono una parte fondamentale di un paese che sulla precarietà di molti costruisce la sua economia (in crisi), è vero anche che sembra sempre più remota la possibilità di immaginare ricomposizioni semplici di questa marea eterogenea che è il precariato diffuso. E dentro ad esso, ancor più improbabile risulta immaginare la condizione specifica dei migranti come un elemento di comunanza in grado di produrre unità, rivendicazioni comuni, percorsi condivisi.
Semmai, la fotografia del presente, ancora sfocata ed indefinita (ma proprio per questo carica di possibilità) lascia intuire che la condizione dei migranti colora delle sue tonalità trasversalmente ogni ambito della nostra vita, ogni sfaccettatura della cittadinanza, ogni segmento del precariato e che proprio per questo il Primo Marzo è stato possibile.

Se una cosa ci ha detto, tra le tante, questa giornata, è proprio di smetterla con le monolitiche rappresentazioni dei migranti, con le retoriche sulla loro situazione, come se fosse qualcosa di separato dal resto della società e non invece una sua condizione viscerale, strutturale, epidemica. Le piazze del Primo Marzo ci hanno segnalato che i migranti non sono semplicemente una delle tante parzialità che abitano questo mondo precario, ma che invece attraversano la cittadinanza in ogni sua declinazione e che su questo terreno stratificato, trasversale, è forse possibile riposizionare un nuovo cammino.

Perchè se a Rosarno una rivolta contro lo sfruttamento ci aveva fatto assaporare l’idea della ribellione "nera" (conclusasi poi con le espulsioni), in via Padova, poche settimane dopo, avevamo capito che rappresentare gli stranieri, gli immigrati, i migranti, non è cosa semplice, che la scomposizione sociale, accellerata dalla crisi, produce solchi profondi anche tra chi vive condizioni di vita simili, che la ricomposizione dei migranti, come fossero qualcosa di omogeneo, è forse solo un rischioso esercizio teorico e che, piuttosto, esistono elementi ricompositivi che parlano linguaggi, contradditori, ma non per questo irreali e per questo inaggirabili.

Con questi occhi, con la voglia di guardare dentro alle pieghe del presente, quelle che anche il Primo Marzo ha contribuito positivamente a farci scoprire, ci proiettiamo invece verso un nuovo orizzonte.

Tra le diverse sfumature di giallo disegnate dalla giornata senza di noi, proviamo a cogliere quella che più ci parla del nostro futuro: c’è un nuovo spazio da costruire, un nuovo terreno su cui praticare la trasformazione, che ha bisogno di parzialità certo, ma anche di costruzione di pensiero, di pratiche e di vita in comune. Non la rivolta dei "neri", neppure la proposta di un generico "precariato unito", ma percorsi formativi e performativi di una nuova realtà, un nuovo modo di fare società. Non si tratta di dare cittadinanza ai nuovi cittadini, ma di costruire un nuovo comune della cittadinanza per tutti.

Tratto da >> MeltingPot Europa

giovedì 25 febbraio 2010

PROGRAMMA DEL PRIMO MARZO EMPOLESE, TAMALES DE CHIPIL IN CONCERTO


Si è svolta oggi la conferenza stampa di presentazione del Primo Marzo 2010 dell'empolese-valdelsa. Il nostro Primo Marzo antirazzista sarà giallo, come quello di tutte le piazze d'europa. Quindi invitiamo tutte le persone che vogliono partecipare all'iniziativa a indossare abiti gialli se possibile, o a portare un nastrino giallo attaccato da qualche parte.
Sarà un Primo Marzo che catalizzerà la solidarietà di molti artisti e artiste del territorio, in molti si sono interessati all'iniziativa, segno che la questione del razzismo, sia di quello delle leggi (Bossi-fini e pacchetto sicurezza in primis) sia di quello diffuso e strisciante nella nostra società in crisi, è molto sentita anche nel territorio dell'empolese-valdelsa.
La giornata si svolgerà in Empoli, con un presidio fisso in Piazza della Vittoria dalle 15 del pomeriggio fino alle 20.30 della sera. Al presidio si alterneranno gli artisti del territorio che hanno dato l'adesione, i giocolieri, i musicisti, il laboratorio di hip-hop Urban Being, nato da qualche mese a Empoli...
Il momento focale della giornata sarà intorno alle 18, quando in contemporanea in tutta Italia lasceremo volare liberi i palloncini gialli ecologici che il comitato nazionale ha preparato per l'occasione, faremo un corteo antirazzista per le vie del centro storico di Empoli e ascolteremo il concerto dei TAMALES DE CHIPIL, che per l'occasione hanno pensato di riunirsi per un concerto straordinario, in una giornata che segnerà, come noi tutti ci auguriamo, un nuovo inizio, da cui partire per costruire un nuovo concetto di cittadinanza. Il cammino è lungo, e oggi molto arduo, ma idea condivisa all'interno del comitato empolese, e di tutto il movimento nazionale che sta costruendo questa giornata meticcia di sperimentazione è quella di non fermarsi e andare avanti.
In conferenza stampa abbiamo presentato anche il dossier "Mandiamoli tutti a casa... i luoghi comuni", che smonta, avvalendosi dei numeri reali, i luoghi comuni sull'immigrazione in Italia. Un dato su tutti, spesso si sente il ministro dell'interno annunciare in pompa magna che questo governo ha ridotto drasticamente gli sbarchi sulle nostre coste, sostenendo la tesi che così il governo lotta contro l'immigrazione clandestina: in questi ragionamenti c'è molta malafede e demagogia, in quanto statistiche (del ministero dell'interno stesso) dicono chiaramente che via mare arriva soltanto il 10% dell'immigrazione irregolare. Si dichiara di lottare contro l'immigrazione clandestina ma si fanno, con i respingimenti, atti illegali (prima di espellere chiunque gli stati membri dell'UE devono dare la possibilità alle persone di fare richiesta d'asilo se ne hanno diritto, oltre che disumani (i migranti rispediti in Libia sono certamente destinati a torture di ogni tipo). Il dossier si può scaricare da Internet, anche dalla pagina facebook del comitato per il Primo Marzo 2010 empolese-valdelsa.
La cosa più interessante del Primo Marzo, oltre alla novità del respiro europeo che ha questa iniziativa, è la sua composizione meticcia, che rispecchia quella che ormai è la composizione della nostra società. Sul manifesto nazionale si dice chiaramente che la distinzione tra "noi" (autoctoni) e "loro" (migranti) ha da cadere, per lasciare spazio ad una società inclusiva e cosciente del proprio essere molteplice, con tutte le contraddizioni, i problemi, ma anche i valori, la crescita che ciò si porta dietro. Dunque meticcia sarà la composizione anche del Primo Marzo empolese e italiano, tutti insieme grideremo forte che i diritti sono per tutti e tutte, che non ci sono cittadini di serie A e di serie B. Che il razzismo è una questione che non riguarda solo i migranti, ma riguarda, e da vicino, tutta la nostra società. Italiani e migranti saremo insieme dunque a dire che siamo contro ogni ipotesi di guerra fra poveri, contro ogni contrapposizione fra garantiti e non garantiti, tra occupati e disoccupati, tra precarie e indeterminati, tutto ciò in totale opposizione a quello che sta cercando di imporre l'attuale governo del nostro Paese.

A livello locale i punti della piattaforma, condivisi nelle assemblee del comitato empolese-valdelsa, sono i seguenti:
- NO AL RAZZISMO ISTITUZIONALE
- PER IL RITIRO IMMEDIATO DEL PACCHETTO SICUREZZA
- NO AI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE (CIE), NE' IN TOSCANA NE' ALTROVE
- PERMESSO DI SOGGIORNO GRATIS E SUBITO PER TUTTE/I

Invitiamo tutta la cittadinanza democratica e sensibile al problema del razzismo che stiamo vivendo a partecipare insieme a tutti noi all'iniziativa. Tutti gialle. Dalle 15 alle 20.30 in Piazza della Vittoria a Empoli, alle ore 18 lancio dei palloncini, corteo contro il razzismo e per i diritti in Empoli, concertone dei TAMALES DE CHIPIL, che porteranno tutto il loro folk-patchanca e la loro energia.


COMITATO PER IL PRIMO MARZO 2010 EMPOLESE-VALDELSA

sabato 20 febbraio 2010

Verso il Primo Marzo 2010, Domenica 21: cena meticcia, proiezione video su Rosarno "Il tempo delle arance"


Fervono i preparativi, le assemblee e i dibattiti. In tutta Italia i comitati locali stanno organizzando la giornata europea del Primo Marzo 2010 "Un giorno CON noi". In quella giornata ci renderemo visibili, a differenza di molti, troppi, altri giorni dell'anno, anche a Empoli. Scenderemo in strada, giovani, vecchi, uomini, donne e bambini per dire no al razzismo istituzionale, per il ritiro delle leggi razziste che rendono impossibile la quotidianità di milioni di persone che hanno scelto di (o hanno dovuto) migrare e cercare una vita dignitosa in terre lontane da quelle natali.
Insieme italiani e migranti, belli meticci, rivendicheremo il diritto a emigrare, riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. La storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. L'ipotesi di costruzione anche in Toscana di un lager per migranti che avrebbero commesso il "reato di emigrare" ci troverà sempre contrari/e. Grideremo dunque che noi non saremo complici.
Oggi la situazione riguardo i diritti nel nostro Paese è drammatica, c'è un attacco senza precedenti non solo alla dignità umana di migranti e poveri in generale, ma anche a chi fa solidarietà e applica i principi cristiani dell'accoglienza, nonostante da più parti si senta invocare la difesa delle radici cristiane. Padre Carlo D'Antoni a Siracusa è stato arrestato la settimana scorsa per aver accolto chi non aveva un posto dove andare. Molti scampati al tentativo di progrom di Rosarno. Viviamo un paradosso: una legge, da un lato, produce clandestinità (e c'è un'ampia letteratura che dimostra che questo ha fatto la Bossi-Fini, e che le cose stanno andando ancora peggio da quando è in vigore il famigerato pacchetto sicurezza) e, dall'altro, trasforma la solidarietà in reato.
La realtà in Sicilia se possibile è peggiore di quella di Rosarno, e padre Carlo D'Antoni ha sempre denunciato questo stato di cose. Dando a padre Carlo tutta la nostra solidarietà, organizziamo per domani sera, Domenica 21 Febbraio, come tappa di avvicinamento verso il Primo Marzo 2010 e all'interno della campagna di tesseramento dell'associazione, una cena meticcia alle 20 (cous-cous e cucina toscana), e a seguire, alle 22 circa, proietteremo un video sui fatti di Rosarno, per capire meglio cosa è successo veramente, quali sono le cause di tanta rabbia da parte dei lavoratori schiavizzati nei campi, quali sono le condizioni in cui il caporalato mafioso li costringe a lavorare. Per quei fatti addirittura sono stati espulsi e puniti i migranti, nessuno è stato denunciato per sfruttamento della manodopera clandestina, nè per la caccia all'uomo che c'è stata. Questo succede in Italia nel 2010.
Al CS INTIFADA, via 25 Aprile n. 1, Ponte a Elsa, Empoli.
Alle 18 l'Associazione farà un'assemblea per fare il punto sul percorso di avvicinamento al Primo Marzo empolese, tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.
Ore 20: cena meticcia.
Ore 22 proiezione di un'illuminante intervista a Roberto Saviano sui fatti di Rosarno e del video "IL TEMPO DELLE ARANCE"
,
realizzato dalla rete antirazzista calabrese e InsuTV:
"Volevano braccia e sono arrivati uomini…
realizzato da InsuTv a Rosarno nei giorni del pogrom e della deportazione dei migranti per ritrovare, nelle immagini e nei racconti dei protagonisti, le ragioni della ribellione contro la violenza e l’apartheid, a cui è seguita la vendetta della mafia e del governo…

Quei grandi di Insu^Tv stavolta sono andati a Rosarno per girare questo video documento, per dare voce ancora una volta a coloro che hanno subito e che non hanno la possibilità di farsi ascoltare, li dove lo Stato Italiano ha fallito ancora una volta, sgombrando persone da un luogo soltanto perchè il colore della pelle di alcuni uomini non è lo stesso di altri uomini!
"
Sarà presente materiale informativo su Rosarno e sul Primo Marzo 2010.

martedì 16 febbraio 2010

Assemblea Pubblica Giovedì 18 Febbraio ore 21.30 al Circolo di Santa Maria

Comunichiamo che Giovedì 18 Febbraio dalle ore 21.30 si svolgerà al circolo di Santa Maria un'assemblea pubblica per organizzare il Primo Marzo 2010. Tutte le associazioni e i cittadini sono invitati a portare le proprie idee e proposte, inoltre discuteremo e renderemo pubbliche le idee e gli aggiornamenti che abbiamo avuto dall'assemblea nazionale di tutti i comitati, che si è svolta Domenica a Bologna.
La novità più importante è che in tutta la regione Toscana lo sciopero è coperto dalla Confederazione COBAS, che ha proclamato per il 1 Marzo 2010 lo sciopero di tutte le categorie pubbliche e private, ad eccezione del settore trasporti.
Dal manifesto nazionale dell'iniziativa:
Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di italiani stanchi del razzismo?
Questo movimento nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Si collega e si ispira "La journée sans immigrés: 24h sans nou", il movimento che in Francia sta organizzando uno sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010.
Primo Marzo 2010, una giornata senza di noi è un collettivo non violento che riunisce persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico.
Siamo immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano.
Siamo consapevoli dell'importanza dell'immigrazione (non solo dal punto di vista economico) e indignati per le campagne denigratorie e xenofobe che, in questi ultimi anni, hanno portato all'approvazione di leggi e ordinanze lontane dal dettato e dallo spirito della nostra Costituzione.
Condanniamo e rifiutiamo gli stereotipi e i linguaggi discriminatori, il razzismo di ogni tipo e, in particolare, quello istituzionale, l'utilizzo stumentale del richiamo alle radici culturali e della religione per giustificare politiche, locali e nazionali, di rifiuto ed esclusione.
Ricordiamo che il diritto a emigrare è riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che la storia umana è sempre stata storia di migrazioni: senza di esse nessun processo di civilizzazione e costruzione delle culture avrebbe avuto luogo. La violazione di questo e di altri diritti fondamentali danneggia e offende la società nel suo complesso e non solo le singole persone colpite.
La contrapposizione tra «noi» e «loro» , «autoctoni» e «stranieri» è destinata a cadere, lasciando il posto alla consapevolezza che oggi siamo «insieme», vecchi e nuovi
cittadini impegnati a mandare avanti il Paese e a costruirne il futuro.

Vogliamo che finisca, qui e ora, la politica dei due pesi e delle due misure, nelle leggi e nell'agire delle persone.
Il nostro primo obiettivo è organizzare per il 1° marzo 2010 una grande manifestazione non violenta dal respiro europeo, non solo con la Francia che con la Journée sans immigrés, 24h sans nous ci ha ispirato, ma anche con la Spagna, la Grecia e gli altri Paesi che si stanno viavia attivando. Vogliamo stimolare insieme a loro una riflessione seria su cosa davvero accadrebbe se i milioni di immigrati che vivono e lavorano in Europa decidessero di incrociare le braccia o andare via.
Il 1° marzo faremo sentire la nostra voce in modi diversi, che saranno definiti, di concerto con i comitati territoriali, in base alla concreta praticabilità e all’efficacia.Non ci precludiamo nessuno strumento, ma agiremo sempre nel rispetto della legalità e della non violenza.
Il colore di riferimento di Primo marzo 2010 è il giallo. Lo abbiamo scelto perché è considerato il colore del cambiamento e per la sua neutralità politica: il giallo non rimanda infatti ad alcuno schieramento in particolare.
Vi invitiamo, quindi, a usare già da oggi un braccialettino o un nastrino giallo come segno di riconoscimento.
Per saperne di più: www.primomarzo2010.it, su facebook è attivo il Gruppo Primo Marzo 2010 - Empolese-valdelsa, la mail del comitato locale è primomarzo2010empolese@gmail.com
Tutta la cittadinanza interessata o anche solamente curiosa è invitata a partecipare all'assemblea pubblica di Giovedì 18 Febbraio, ore 21.30 al circolo di Santa Maria a Empoli.

COMITATO PRIMO MARZO 2010 EMPOLESE-VALDELSA

venerdì 12 febbraio 2010

Empoli verso il Primo Marzo 2010, Solidarietà a Joy e Hellen. GIOVEDI' 25 FEBBRAIO Serata di informazione sui CIE

NOI NON SIAMO COMPLICI! NO AI CIE.
Empoli verso il Primo Marzo 2010, Solidarietà a Joy e Hellen.
GIOVEDI' 25 FEBBRAIO Serata di informazione sui Centri di
Identificazione ed Espulsione.


Tutto accade una sera d'estate nel Centro di identificazione ed espulsione di Via Corelli a Milano... faceva “caldo” davvero in quei primi giorni d'agosto nella cella di
due donne, quando Vittorio Addesso, ispettore capo del centro stesso, tenta di stuprare una delle recluse.
Joy, ragazza nigeriana , non ci sta, si ribella alla violenza di uno dei tanti aguzzini, e grazie all'aiuto della sua compagna di cella Hellen, riesce a difendersi!
Successivamente nel C.I.E. scoppia una rivolta generale da parte degli uomini e delle donne rinchiusi, che non vogliono più subire le condizioni disumane e di orrore che caratterizzano la (non)vita dentro questi nuovi lager di stato.
Proprio dopo questo fatto Joy, Hellen ed altre donne nigeriane prima di essere processate e trasferite in carcere, vengono spogliate, spostate in una stanza senza telecamere, fatte inginocchiare e picchiate violentemente.
Ad ottobre vengono tutte condannate a sei mesi di carcere perchè “colpevoli” di aver partecipato alla rivolta nel Cie milanese, nonostante, durante una delle prime udienze, Joy trovi il coraggio di denunciare pubblicamente in aula di aver subito,dopo vari ricatti sessuali, un tentativo di stupro da parte dell’ispettore Addesso.
“Misteriosamente” una settimana fa l’avvocato di Joy scopre di essere stato revocato e che al suo posto è stata nominata un’avvocata d’ufficio, un'emerita sconosciuta.
Tante sono le domande che nasce spontaneo porsi: non sappiamo se la richiesta sia veramente partita da Joy e se abbia subito pressioni o ricatti e per quale motivo abbia deciso di non parlarne col suo avvocato e con l'interpete nigeriana.
Che ci sia qualcuno che vuole insabbiare il fatto e che non vuole si sappia come è andata la vicenda?
Purtroppo non esiste ancora una risposta.
La data della scarcerazione è proprio questa mattina, venerdì 12 febbraio. Joy ed Hellen, usciranno dal carcere di Como e di Brescia, ma rischiano di essere nuovamente rinchiuse dentro uno dei tanti C.I.E. presenti sul territorio nazionale, dove si troveranno davanti altri gestori dell'”ordine”, colleghi di Addesso, che sanno chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto.

Joy ed Hellen hanno portato alla luce la realtà e si sono ribellate ai ricatti sessuali, molestie, violenze e stupri contro le donne, il “pane quotidiano” all'interno dei centri di espulsione. Siamo convint* che il loro coraggio vada sostenuto e che sia fondamentale che venga alla luce questa realtà, sia per chi non la conosce, sia per chi non la vuole vedere!
Non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle mani dei loro aguzzini.
Joy ed Hellen non saranno sole ma troveranno ad accoglierle un presidio sotto le carceri dalle quali usciranno. In solidarietà ad Hellen e Joy denunciamo nuovamente i Cie come luoghi di violenze razziste e sessiste, luoghi in cui i guardiani legittimano e moltiplicano le violenze e gli abusi nei confronti delle donne
rinchiuse, forti anche degli appoggi istituzionali che ne garantiscono coperture e impunità.

Giovedì 25 Febbraio, in avvicinamento alla giornata del Primo Marzo 2010, organizzeremo una serata di informazione su questi Centri di Identificazione ed Espulsione con proiezione di video (i pochi che si riescono a trovare), dibattito e materiale informativo delle associazioni che hanno inchiestato sui CIE (ad esempio medici senza frontiere).

NEI CENTRI DI ESPULSIONE LA POLIZIA STUPRA!
NOI NON SIAMO COMPLICI!
NO AI CIE nè in Toscana nè altrove!
Solidarietà a Joy e Hellen!

sabato 6 febbraio 2010

IL RAZZISMO NON E' SCAROGNA

Questo è un contributo alla discussione e al percorso che anche a Empoli si sono avviati e che ci porteranno al Primo Marzo 2010. "Una giornata senza di noi", così è stata definita da chi l'ha pensata in Francia, "una giornata con noi", così molte realtà in Italia la stanno pensando, realtà meticce composte da migranti e italiani: un giorno CON NOI, con i precari ed i disoccupati, con i lavoratori dipendenti e autonomi, un giorno degli autoctoni e dei migranti, uno giorno con noi TUTTI, per far vedere quanto siamo importanti.
Ciò su cui secondo noi è importante, almeno a livello empolese, riflettere e discutere, è il senso della giornata, cosa diremo il Primo Marzo. Crediamo che dire semplicemente "ci siamo" sia molto, troppo limitante.
Crediamo che la deriva che ha preso l'Italia, in termini di razzismo diffuso, sia a livello soggettivo che collettivo (come è successo nella città di Rosarno in cui si è verificata una vera e propria caccia all'uomo con i fucili), non sia dovuta a sfortuna, o ad una maledizione che ha colpito il nostro Paese, ma ha delle cause ben precise e dunque dei responsabili.
Insomma il razzismo non è scarogna!
Primo responsabile del razzismo diffuso, anche di quello solo apparentemente innocuo dei "discorsi da bar" (è nel suo humus sociale che trovano spazio e legittimità le aggressioni verso il "diverso"), è quello chiamato "razzismo istituzionale", che sta nelle leggi che i governi, a tutti i livelli, emanano. Rendere per legge le persone diverse, dire tramite la legge che c'è chi ha diritti e chi no, escludere dalla cittadinanza una parte (sempre più ampia) della popolazione crea nell'altra parte, quella garantita (sempre più piccola), una reazione che, a volte inconsciamente, fa vedere gli esclusi come inferiori, non degni degli stessi diritti degli altri, quasi non esseri umani al pari di tutti gli altri. Poco importa che poi tali leggi vengano applicate o meno, l'effetto a livello sociale, devastante, resta insito nella sola emanazione della legge, o dell'ordinanza.
Le leggi italiane sull'immigrazione sono chiaramente intrise di razzismo, di esclusione dalla cittadinanza e di demagogia: il pacchetto sicurezza introduce il reato di clandestinità, ma non crea meccanismi atti ad espellere i non regolari, non aumenta minimamente le pene per chi sfrutta la manodopera clandestina, né permette a chi è irregolare e sfruttato di poter denunciare la situazione senza essere espulso. Questa è demagogia, da una parte si dice di voler espellere i clandestini, dall'altra si produce clandestinità e una forza lavoro enorme al di fuori dalla sfera dei diritti e delle tutele, da sfruttare senza rischio di sanzioni, e attraverso il suo sfruttamento uscire dalla crisi. Questo innanzi tutto ha portato alla luce la rivolta di Rosarno.
La Legge Bossi-fini produce strutturalmente illegalità perché impedisce, con calcolo, qualunque forma di regolarizzazione anche per chi ha un lavoro da anni, allo stesso modo in cui rende di fatto impossibile l’attivazione di canali di ingresso legali sul territorio. Pensiamo per un momento all’ultimo decreto flussi, quando 700.000 domande di regolarizzazione furono presentate da altrettanti datori di lavoro che offrivano un posto fisso e la certezza di un’abitazione. Di queste domande solo 170.000 furono accolte perché così stabilivano le quote, lasciando 530.000 persone che avrebbero potuto fare ingresso nella legalità in una situazione di clandestinità forzata. Quale logica può mai giustificare questi dati? È ideologico leggere in questi numeri una volontà politica di far rimanere in una situazione di precarietà assoluta e quindi di sfruttamento il maggior numero di persone possibile?
I Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) sono luoghi in cui rinchiudere non criminali, ma persone che non hanno commesso nessun reato, gli invisibili che il Primo Marzo proveranno a farsi vedere. Nuovi lager, in cui rinchiudere persone come gli esclusi dal decreto flussi, che vivono e lavorano in Italia, persone come gli uomini di Rosarno, sfruttati in Italia, persone oggi regolari, ma che a causa della crisi domani potrebbero perdere il lavoro e dunque il permesso di soggiorno. Ci appare paradossale che in un mondo globalizzato in cui tutto si muove liberamente da una parte all'altra del globo (informazione, denaro, merci...), siano rimasti solo gli esseri umani a non potersi muovere liberamente, a incontrare confini di tutti i tipi ovunque: gli esseri umani, paradossalmente proprio i più tutelati dalle carte dei diritti internazionali.
Oggi saremo in Piazza, insieme al comitato empolese del Primo Marzo, per dire tutto questo, per ribadire che non c'è sicurezza senza diritti, che i diritti si applicano agli esseri umani, non alle loro braccia: siamo prima esseri umani, poi lavoratori.
- PERMESSO DI SOGGIORNO PER TUTTI
- NO AL CIE, NO AI NUOVI LAGER, NE' IN TOSCANA NE' ALTROVE
- CONTRO LA CRISI, BLOCCO DELLA BOSSI-FINI
- TUTTI I DIRITTI PER TUTTI: CASA, LAVORO, SCUOLA, SANITA', REDDITO
- NO AL RAZZISMO, NO ALLA PRECARIETA'

domenica 31 gennaio 2010

NO AL CIE IN TOSCANA


Le ultime dichiarazioni sui CIE del candidato presidente del PD alla regione Toscana, il quale sostiene che "i centri di identificazione ed espulsione non devono essere luoghi di detenzione preventiva, ma centri dove debbano essere rispettati i diritti umani", ci lasciano a dir poco perplessi.
Questi (non) luoghi sono per definizione stessa la negazione di elementari diritti umani, si pongono al di fuori della sfera dei diritti umani, dunque com'è possibile pensare che al loro interno possano essere rispettati questi diritti? Questa ci appare una contraddizione in termini.
Chi va a finire dentro i CIE? Dentro queste carceri vanno a finire persone la cui unica colpa è il non avere i documenti, dunque sono luoghi che limitano la libertà di circolazione di esseri umani che non hanno commesso reati, a meno che non si voglia sostenere che l'introduzione del reato di clandestinità fatta dal governo nazionale col pacchetto sicurezza (prima questo era un reato amministrativo, non
penale) è condivisibile.
Spesso sentiamo portare alti i valori di civiltà di questa regione, che per prima nel mondo ha eliminato la pena di morte, crediamo che oggi sia necessario attualizzare il discorso sulla civiltà, sostenendo che la Toscana è territorio di grandi valori civili e di accoglienza anche per il fatto che non vi sono luoghi di detenzione preventiva. Rivendicare questo oggi, di fronte a un governo nazionale di destra che semina odio, paura, e criminalizzazione del migrante, è ancora più importante. Non ci sono luoghi dove rinchiudere persone che non hanno commesso nessun reato, non ci sono luoghi dove giornalisti, associazioni, familiari, nessuno può entrare, oggi in Toscana. Anche per questo siamo orgogliosi di viverci. I soldi che il governo vuole
stanziare per i CIE, chiediamo che siano stanziati per progetti di accoglienza.
La nostra associazione sta lavorando per sensibilizzare i cittadini di Empoli e della valdelsa con l'intento di stimolare la più ampia solidarietà e partecipazione possibile verso l'iniziativa del 1 Marzo 2010, giornata in cui in tutta Europa si alzerà un grido collettivo contro il razzismo e la precarietà. Vorremmo, come Città Meticcia, che
quel giorno sia un movimento meticcio, composto da nativi e migranti, associazionismo e singoli cittadini, a gridare che il mondo che vogliamo è antirazzista. Solo così, non lasciando i migranti soli in una battaglia di civiltà, per una vita degna, possiamo uscirne più forti di prima. A Rosarno, dove è successo tutto l'opposto, ai migranti che si sono rivoltati contro criminalità organizzata e
sfruttamento, è toccata anche la deportazione nei CIE e i rimpatri, anziché una sacrosanta regolarizzazione.
La questione dei diritti civili, del diritto al futuro, è una questione di dignità che ci riguarda tutti da vicino, italiani e migranti, precari e disoccupati, cassintegrati e lavoratori, studenti e insegnanti.
Tanti sono i comitati territoriali per il primo marzo 2010 che (come a Empoli) stanno nascendo in Toscana, invitiamo tutti i comitati, viste le ultime dichiarazioni del ministro Maroni, che vorrebbe un CIE in ogni regione, a prendere posizione chiara su questo che, se passasse, segnerebbe un passo indietro grandissimo, un punto di non ritorno dal punto di vista del livello di civiltà e di accoglienza della nostra regione.

martedì 12 gennaio 2010

Quel che resta di Rosarno


Perché, dopo questa ribellione, sarà più difficile mentire sull’immigrazione

di Alessandra Sciurba


Sarebbe bello pensare che il vento sta cambiando. Oggi sembra quasi possibile indugiare in questa speranza.
Dopo il primo giorno di tentennamenti, gran parte della stampa, per una volta, sta riflettendo onestamente sull’accaduto.
Ci hanno provato, Maroni in testa, a liquidare Rosarno come un’orgia di violenza immotivata, quasi un impazzimento collettivo derivante dallo stato di clandestinità che sempre più, in questo paese, viene raccontato come sinonimo di criminalità connaturata.
E invece no, il coraggio di chi si è ribellato ha costretto a diradare almeno in questi giorni la cortina di menzogne che da anni in Italia accompagna ogni discorso che riguardi l’immigrazione. Non ha retto neppure per un istante l’ipotesi che il problema derivi dalla mancata applicazione della linea dura voluta da questo governo. Persino la sinistra istituzionale, incredibilmente, ha avuto per un a volta il coraggio di essere davvero opposizione, anche se pesanti rimangono sulle sue spalle le responsabilità dell’annientamento dei diritt i dei migranti in questo paese.

Rosarno ha mostrato al di là di ogni discorso possibile, che la ribell i one per difendersi dai soprusi, dallo sfruttamento, dal razzismo, non solo è giusta ma è anche possibile. E questa è una cosa che in un paese come l’Italia molti hanno dimenticato, specialmente a Sud, dove la rassegnazione è uno stile di vita. Dove si accetta l’inaccettabile come fosse una punizione divina.
La rivolta di Rosarno, inoltre e soprattutto, ha messo a nudo tutte le ipo crisie delle ultime leggi che in Italia hanno gestito il fenomeno dell’immigrazione: leggi fatte ad hoc per favorire il massimo sfruttamento possibile della forza lavoro di migliaia di donne e uomini abbattendo tutti i costi, ovvero de molendo tutti i loro diritti.
Che la Bossi-Fini produca e alimenti solo la clandestinità è un dato oggettivo, banale, basta guardare la realtà. E non perché la legge venga troppo spesso elusa, non perché ci siano troppi magistrati che non la applicano, come ha detto il Ministro Gelmini intervistata dalla trasmissione televisiva Mezz’ora.
La Legge Bossi-fini produce strutturalmente illegalità perché impedisce, con calcolo, qualunque forma di regolarizzazione anche per chi ha un la voro da anni, allo stesso modo in cui rende impossibile, di fatto, l’attivazione di canali di ingresso .legali sul territorio. Pensiamo per un momento all’ultimo decreto flussi, quando 700.000 domande di regolarizzazione furono presentate da altrettanti datori di lavoro che offrivano un posto fisso, la certezza di un’ab itazione, e persino la disponibilità a pagare il biglietto di un eventuale rimpatrio del loro lavoratore immigrato. Di queste domande solo 170.000 furono accolte perché così stabilivano le quote, lasciando in tal modo 530.000 persone che avrebbero potuto fare ingresso nella legalità in una situazione di clandestinità forzata. Quale logica può mai giustificare questi dati? È ideologico leggere in questi numeri una volontà politica di far rimanere in una situazione di precarietà assoluta e quindi di sfruttamento il maggior numero di persone possibile?
Anche i respingimenti verso la Libia voluti da Maroni potrebbero essere letti in questa chiave.
Chi erano le persone rimandate a subire torture e violenze nel paese di Gheddafi? Capri espiatori. Poche migliaia rispetto ai grandi numeri dei migranti che arrivano nel nostro paese quasi tutti con visti che poi scadono e non vengono rinnovati. Poche migliaia e quasi tutti (e sono le stime dell’Acnur a dirlo) profughi di guerra. Persone che avrebbero diritto all’asilo, persone che avrebbero diritto all’accoglienza e che quindi costerebbero e non sarebbero così facili da trasformare in mera forzo lavoro usa e getta. Due piccioni con una fava, questi respingimenti: inscenare il grande spettacolo muscolare di uno Stato che “affronta” il problema dell’immigrazione clandestina ed evitare di sobbarcarsi i costi che la presenza di rifugiati politici inevitabilmente comportano. E nel frattempo, da frontiere meno spettacolarizzate, l’esercito di braccia necessarie a muovere questo paese non ha mai cessato di arrivare. Anche in tempo di crisi, a raccogliere le arance a 25 euro al giorno e a dormire in mezzo ai topi gli italiani (o almeno la maggior parte di loro) non ci vanno.
Diciamolo finalmente: non solo le aziende, ma anche le piccole e grandi mafie che gestiscono gran parte delle raccolte stagionali su gran parte del territorio italiano non potevano trovare un alleato migliore della normativa vigente in materia di immigrazione. Da anni ormai arrivano le retate della polizia, a fine stagione, a togliere dagli impicci padroncini e caporali che non vogliono pagare i loro lavoratori. Retate che sempre se la prendono con i migranti che hanno lavorato in nero e praticamente mai con chi da quel lavoro in nero ha tratto la sua fortuna. Ci mancava solo il reato di clandestinità per dare l’ultimo e più terribile strumento a chi tratta i migranti come carne da comprare a peso: la minaccia di una delazione sempre possibile: “Non protestare. Anche se non ti pago, anche se quasi ti ammazzo di botte. La legge dà ragione a me perché se vai a raccontare qualcosa, per il solo fatto di non avere un permesso di soggiorno sei tu quello che verrà trattato come un criminale”.
Solo loro, gli uomini che da anni subiscono tutto questo, potevano raccontarlo con tanta chiarezza. Ci abbiamo provato a lungo noi ricercatori, attivisti antirazzisti laici e cattolici, membri delle associazioni e del volontariato, e tutte le volte siamo stati tacciati di mala fede e ideologia e certo non abbiamo avuto la stessa potenza e capacità.
Loro invece, pagando un prezzo altissimo, sono riusciti a farsi ascoltare. Con una dignità da cui imparare e che ancora una volta i soliti noti stanno cercando di far passare per violenza e brutalità.
È normale che anche la popolazione di Rosarno adesso sia sconvolta. C’è chi ha sparato e non è difficile immaginare di quale tipo di gente si tratti, c’è che si sta dando anima e corpo ai peggiori deliri razzisti che, guarda caso, sono accompagnati da dichiarazioni di ammirazione verso la politica della Lega e del Ministro Maroni. Ma ci sono anche tanti silenziosi che forse stanno riflettendo. Da una terra vessata e troppo spesso muta di fronte ai ricatti e alla sopraffazione si è levato un grido di rivolta che parla un’altra lingua, ma che forse si è fatto interprete di sentimenti taciuti da tanti italiani che da sempre vivono nella paura. Peccato che il divide et impera in tempi come questi funzioni così bene e la guerra di poveri contro i più poveri allontani la possibilità di immaginare un movimento che possa modificare una realtà marcia come quella meridionale, che però affonda le sue radici in un intero Stato italiano nato anche da un compromesso con la mafia dal quale non si è più liberato.
Adesso, tra le tante domande, ne resta una che preme più delle altre: dove finiranno queste migliaia di persone che con tanta forza si sono ribellate? L’unico modo per “difenderle”, come è stato dichiarato, è stato ad oggi quello di internarle dentro i centri quei centri di detenzione amministrativa che la televisione si ostina ancora a chiamare centri di accoglienza. Molti, probabilmente verranno espulsi, e per il ricordo che dell’Italia porteranno con sé bisogna provare vergogna.
Quello che hanno fatto, però, dovrà rimanere. Come un nuovo inizio fortissimo, giusto, che ha rimescolato ogni cosa facendo al contempo chiarezza.
Lo sciopero dei lavoratori migranti che si sta preparando in Italia come in Francia per il prossimo Marzo, così come la manifestazione romana fatta a sostegno della ribellione di Rosarno bloccata a manganellate prima che potesse arrivare al Viminale, potrebbero essere allora, finalmente, ulteriori passi di un percorso nuovo. Finalmente nuovo.

Tratto da MeltingPot